No, non è un sequel de “Le mani sulla città” di Rosi, il film che nel 1963 denunciava i meccanismi della speculazione edilizia, mai applicati alla perfezione altrove come nel Ponente Ligure. Semmai ne sembra più una sua versione cinepanettonara, con gli stessi protagonisti, i Boldi e i De Sica di turno, impegnati a sfregiare la montagna dopo essere passati, come Attila, prima al mare e poi in città.
Perchè di questo si tratta: dopo aver rosicchiato tutto il possibile sulla costa, prima con i condomini, poi con le seconde case ed infine con i porticciuoloni, i nostri “eroi” si sono spostati sui monti, alla ricerca del loro solito miraggio turistico, (che per il territorio invece è triste presagio) quel circolo vizioso fatto di investimenti, strutture, servizi ed edilizia che continuano a chiamare sviluppo ma che è sempre più tristemente lontano dal progresso.
L’ultimo episodio di questa guerra al territorio è Monesi, dove il binomio neve-turismo-speculazione ha già duramente colpito negli anni ’60 – ’70.
Per lavoro, mi è stato chiesto di scrivere un testo promozionale per il sito del turismo della Regione Liguria: http://www.turismoinliguria.it.
La stagione fredda è agli inizi, tutti scaldano gli sci e progettano settimane bianche. E occorre promuovere anche i magnifici impianti sciistici e i poderosi skilift della Liguria. L’offerta in Italia è ampia, c’è da sgomitare sulla neve. Pensate solo al Piemonte con Limone o Sestriere o Prato Nevoso, alla Lombardia con Aprica e Bormio, fino al Veneto con Cortina D’Ampezzo. L’impresa è quasi biblica, da Davide contro Golia, ma la Regione Liguria, applicando un po’ il modello “federalista” che va per la maggiore un po’ dappertutto (in sanità, per esempio), vuole evitare al massimo l’esodo dei propri abitanti verso altri lidi e lanciare chiaro e forte il messaggio “La neve ce l’abbiamo anche noi”, insomma.
Solo che le altre regioni del nord hanno molte possibilità d’offerta, mentre in Liguria, nel Ponente Ligure, in particolare, tutto è concentrato in un solo luogo: Monesi. Che a Genova ci credano lo dimostra il recente ingente stanziamento per finanziare il secondo tratto della seggiovia in progetto a Monesi: di due milioni di euro.
Ma il problema è sempre il solito: è questa la direzione più giusta?
E’ giusto per 30 – 40 anni di sviluppo convertire irreversibilmente aree la cui destinazione è definita da migliaia di anni, travestendole di una vocazione che ha già fallito negli anni ’70.
Tuttalpiù di 30 – 40 anni si tratta: trasformare un luogo da agro-pastorale a turistico non è poi molto complicato, basta investire sulle strutture adeguate. Ma le strutture necessarie allo sci sono impattanti, non si parla solo della seggiovia, anche dei condotti per la neve artificiale che arriveranno per compensare il poco innevamento. E allora, perchè farlo se per i cambiamenti climatici stanno portando sempre meno stagioni nevose a Monesi?
Per cambiare il territorio ci vogliono pochi anni, per cambiare il clima, ci vogliono decenni, forse secoli. I tempi dell’uomo e quelli della natura non coincidono mai. Per cui, se a Monesi gli ultimi inverni hanno regalato una cospicua coltre di neve mentre il decennio prima la stazione era data definitivamente per perduta, è conveniente investirvi somme ingenti per far ripartire la stagione? Non si può pagare uno sciamano perchè faccia nevicare. Il rischio è investire, in tempi di spending review e tagli, in qualcosa di effimero e vacuo come un fiocco di neve, che può anche non cadere.
Sul sito di Regione Liguria si può seguire per bene tutta la vicenda:
“Il costo dell’opera è di circa tre milioni di euro, di cui 800 mila euro da parte della stessa Provincia di Imperia. – Sia pure in zona ‘Cesarini’, tenuto conto delle incertezze legate alle possibili ricadute, anche sul territorio ligure, dei tagli e degli accorparmenti delle Province, insieme all’Amministrazione Provinciale di Imperia, la Regione Liguria ha segnato un punto molto importante per la valorizzazione del comprensorio sciistico del Ponente ligure” ha commentato Cascino.”
Viene da chiedersi perchè tanta fretta per questa operazione di rilancio, proprio dopo che un decennio di latitanza della neve avrebbe fatto desistere chiunque. Suona come costruire stabilimenti balneari dove il mare si è ritirato, o nel Sahara. Perchè nessuno ci ha mai pensato? Forse non conviene.
La società gestisce Monesi, la Alpi Liguri Sviluppo e Turismo S.r.l., che doveva essere liquidata in seguito alle pesanti perdite, ha affidato la realizzazione della seggiovia alla Doppelmayr Garaventa S.p.A, un colosso svizzero degli impianti a fune. Ma chi usufuirebbe realmente di questi ultimi finanziamenti elargiti dalla moribonda Provincia di Imperia.
Perchè investire su questa vera e propria TAV alle pendici del Saccarello? Perchè invece non spendere (ops, si dice “investire” ) in progetti sulla cultura brigasca, o attività di turismo verde o eco-compatibile, la cucina bianca?
Le nostre montagne hanno la loro storia, la loro cultura, perchè asfaltarle per creare nuovi scenari da cinepanettone?