C’è un treno che corre sottoterra. È carico di disperati, diseredati in fuga, schiavi provenienti da zone del mondo in cui l’uomo sfrutta l’uomo e la violenza è la quotidianità. L’unica alternativa a quel treno è una vita spenta, priva della qualità unica della vita stessa: la libertà.
Ma prendere quel treno non è semplice, non è da tutti. Bisogna fuggire da sé, dal proprio orticello coltivato con fatica, dal mondo che si è sempre conosciuto. Un uccello che nasce in gabbia spesso non sa volare. È poi un viaggio in completa solitudine, attraverso deserti aridi d’umanità; c’è poi chi resta bloccato per anni alla stazione a scontare il prezzo della propria libertà con violenze e soprusi.
Non vi ricorda qualcosa? E’ la sensazione che si ha leggendo La ferrovia sotterranea, di Colson Whitehead. Per tutte le 376 pagine questa domanda ronza in mente, fino alla fine, fino all’ultimo scambio ci si chiede se questa storia è realtà o fantasia.
Il libro racconta di una ferrovia sotterranea, costruita chissà da chi e perchè, che nell’America di prima della guerra civile porta gli schiavi dal sud al nord antischiavista. Cora, una ragazza cresciuta nella piantagione dei crudeli Randall, che ha sempre avuto la piantagione come unico orizzonte, viene un giorno a contatto con la Ferrovia sotterranea. Deciderà di cambiare la sua vita attraversando una palude di pentimenti, raggiungendo un giorno una fattoria e poi da li una botola in un fienile per scendere sulla banchina e aspettare quel treno, non comodissimo certo, ma per fortuna, almeno quello c’è. Cora si lascerà dietro mercanti di esseri umani, crudeli cacciatori di schiavi, ciarlatani, politici, imbonitori. Compagni, sorelle, amici, amori che non ce la faranno. Ma anche un mondo senza un briciolo di solidarietà, dove “I bianchi di mangiano viva, ma a volte ti mangiano viva pure i neri”. E dove chi fa la guerra per liberare gli schiavi ha pure lui i suoi interessi.
Forse è anche questo che non suona nuovo. Nessuno fa nulla per nulla. Ma in un’epoca in cui si parla di infrastrutture da fare o no, di treni che attraversano valli, monti e territori, leggere un libro come questo può essere utile a riportarci sul binario giusto. E chissà se esiste una TAV che corre sotto il Mediterraneo, destinata agli esseri umani anzichè alle mozzarelle, come disse qualcuno prima di cambiare idea. L’unica TAV che s’ha davvero da fare. Un treno che unisca una Europa, un’America, che corrono sempre più veloci, (ma verso cosa?) con un’Africa un mondo che rimane indietro prigioniero del proprio enorme potenziale perennemente inespresso.
Forse è colpa della Storia? Viene in mente Eugenio Montale: La storia non è poi/la devastante ruspa che si dice./Lascia sottopassaggi, cripte, buche/e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La Ferrovia sotterranea è uno di questi sottopassaggi. Chissà, forse ce ne saranno altri. E noi, invece, che siamo già arrivati, prima di emettere proclami e giudicare, dovremmo prendere il treno all’incontrario per vedere l’effetto che fa.
https://www.edizionisur.it/catalogo/bigsur/la-ferrovia-sotterranea/