Archivi tag: sanremo

Anniversario scomparsa Italo Calvino

Mi unisco anch’io ai post sull’anniversario della scomparsa di Italo Calvino.

Il giorno dopo, però, perché me ne ero dimenticato e ora corro ai ripari, come si fa per un parente, uno zio, di cui hai dimenticato l’anniversario. (Menomale ora c’è Facebook).

Caro zio Italo, in tanti anni che non ci sei, sono cambiate molte cose.

A ponente ci sono molti meno alberi, un po’ bruciano un po’ li tagliano: a Sanremo hanno tagliato pure i pini sul porto, non saprei dove potresti saltare di ramo in ramo per scendere al mare dalla Madonna della Costa.

La floricoltura, ahinoi, non se la passa granché bene: delle serre che tuo padre guardava orgoglioso non rimarrà presto soltanto l’effetto che ne porta il nome.

La speculazione edilizia, quella, invece, fiorisce rigogliosa e spinosa come i bougainville, tanto più ora che aspettiamo la manna del Recovery Fund (per spiegarti, hai presente il piano Marshall?)

La Resistenza? Qualcuno ne parla ancora, ma da troppo dura questa gran bonaccia, altro che le Antille, e quelli là già stanno tornando: speriamo di non dover andare a cercare di nuovo tra i nidi di ragno per uscirne fuori.

Più di tutto, oggi, ci manca un po’ di leggerezza. E speriamo che questa notte d’inverno passi in fretta…

E poi c’è questa cosa che rende le città invivibili più che invisibili, un virus per cui non bastano mascherine o distanze sociali: l’egotismo esasperato, il nascisismo col fiato corto, l’individualismo pret-à-porter, per cui si vive dimezzati tra una vita insipida e l’armatura vuota che ci costruiamo online per cercare qualche secondo di celebrità sui social.

Lascia un commento

Archiviato in Cronache del Sol Ponente, Letture

Tenco, sorprese e timori

Larghi vuoti in platea, palco ridotto all’osso, senso vago di spaesamento: lo spettatore, entrato nell’Ariston per assistere alla prima serata del Premio Tenco, com’è abituato a fare ormai da 35 edizioni, può aver pensato di aver sbagliato giorno, di essere arrivato durante l’allestimento della sala. Invece no: quella saracinesca che dà su via Roma, quelle vetrate, le porte con i maniglioni antipanico, i tubi antincendio, sono la scenografia del Premio Tenco 2011.
La cura dimagrante imposta alla manifestazione un po’ da tutti, Regione Liguria, comune di Sanremo (contributi ridotti al lumicino), Rai etc., ha funzionato fin troppo e della rassegna sanremese dopo anni di glorie non rimane che la passione di chi si ostina a metterla su. Anzi, a volte neppure quella, come dimostrano le polemiche durante la conferenza stampa di giovedì, tra il Club Tenco e la famiglia del cantautore.
A Sanremo si respira un’aria da canto del cigno, da fine di un’epoca. Ma forse non è un problema solo del Tenco: fuori, in piazza Colombo, alcuni giovani giocano a darsi sberloni e indovinare chi, un divertimento da Soliti idioti. Stanno cambiando i tempi.

Accettata però la scenografia, minimal e un po’ Blade Runner, giovedì 10 la prima serata comincia bene: Vittorio De Scalzi canta un inedito di Fabrizio De Andrè che fa sobbalzare le poche poltrone occupate. Bella la storia: Faber l’avrebbe trascritto su un tovagliolo dopo un concerto a Vienna per Pepi Morgia, scomparso recentemente, che lo aveva affidato a De Scalzi per musicarlo. Si intitola “Le onde del sonno”: ora il cantautore genovese lo inserirà nel suo prossimo album.

Inizio con il botto, dunque, un vero scoop, poco importa allora la povera scenografia e il fatto che forse con i tagli ci s’è fatti prendere la mano: niente canzone di Tenco come incipit, come recitava una antica consuetudine.
Dopo un piatto così forte, però, da Marco Parente ci si aspettava di più. Ma forse la colpa è anche dei problemi tecnici che hanno funestato la sua esibizione.
Virata jazz invece con il duo Lotatòla (Serena Ganci e Simona Norato) e l’ensemble barese Fabularasa.
Segue un commovente Vinicio Capossela che ricorda Enzo del Re, grande cantastorie di Lavorare con lentezza, scomparso a giugno.

Venerdì 11 si comincia con Alberto Patrucco, comico da Zelig, che intrattiene il pubblico con qualche battuta (“In Italia siamo passati da Tremonti a Monti e già si preparano Collina e Piano”) e poi canta in italiano l’omaggio a Brassens, La ballade des cimetières.
Il siciliano Cesare Basile, cantando un testo di Ignazio Buttitta e Rosa Balistreri, ci ricorda che Rosa Balistreri fu la prima donna esclusa dal Festival di Sanremo nel 1973.

Beppe Voltarelli, attore, cantante, intrattiene il pubblico nei cambi di palco mentre arriva Iosonouncane la cui “macarena su Roma” è piaciuta tanto al Club Tenco, sempre alla ricerca di nuove esperienze acustiche, da portarla a Sanremo.
La sua musica è uno spezzatino sonoro, un blob acustico di campionamenti mescolati a musica, assieme a Iosonouncane si riconoscono le voci di Giletti, Milly Carlucci. Una scelta coraggiosa e davvero post-modern, che si adatta benissimo alla scenografia.

Carrie Rodriguez invece arriva con il suo violino e una minigonna molto espressiva. Canta una canzone sull’alluvione dell’uragano Katrina e una su un bambino che attraversa il ponte di Brooklyn in bicicletta.
La “musica componibile” dei Mariposa è invece fatta di molti musicisti provenienti da molte parti d’Italia, Veneto, Emilia, Sicilia. Bella la loro interpretazione di “Prete in automobile” di Tenco.

Roberta Alloisio canta con Armando Corsi e riceve la Targa Tenco come miglior interprete per il suo album “Janua” dedicato a Genova.

Il finale è tutto di Edoardo Bennato con il suo rock napoletano e civile de “Il Paese dei Balocchi”, dedicato al problema degli immigrati clandestini, o di una canzone per una bimba che sta nascendo nell’angolo più povero del mondo, o della Napoli “sporca, avvelenata, incivile e affottata. Ma è la mia città”.

Domani terza e ultima serata. Questa volta ci si aspetta il pienone per Ligabue.

Lascia un commento

Archiviato in Ascolti, Visioni

La scoperta dell’acqua bollente

E’ gravissimo. Inaudito. Mai sentita una cosa simile.
Gli agenti della polizia municipale di Sanremo, agli ordini del comandante Claudio Frattarola, hanno fatto una scoperta terribile.
Sulla nostra bella pista ciclabile, vanto turistico e paesaggistico del ponente ligure, dell’intera Liguria, ma che dico, della nazione, dell’Europa, del Mondo intiero, c’era un dormitorio clandestino.
Insospettiti dalla porta malchiusa di un locale dismesso, un vecchio deposito appartenente prima alle Ferrovie dello Stato ed ora ad Area 24, i vigili hanno fatto irruzione e scoperto il giaciglio clandestino.
All’interno hanno trovato indiscutibili prove di reato: cartoni usati come branda, lattine di birra e succo di frutta, uno zainetto vuoto, un kitekat già addentato (e quindi non più utilizzabile), un giornale (sulle prime s’è parlato dell'”Osservatore Romano”, ma, poi con successive smentite, s’è arrivati a “Il fatto quotidiano”). Addirittura è stata rinvenuta una candela.
Tutto è stato subito chiaro agli inquirenti. Qualcuno deve esservisi introdotto – dopo aver sfondato la solida porta di compensato da 5 mm – con l’intenzione manifesta di passarvi la notte e proteggersi quindi un pochino dal freddo intenso di questa fine di dicembre.
I due principali media locali sanremonews e Riviera 24 danno la notizia con dovizia di particolari.

Grande lo sgomento tra i sanremesi. Da giorni l’opinione pubblica rivierasca è sconvolta dalla notizia.
Subito s’è pensato che il giaciglio potesse risalire ad altri tempi, al medioevo, che fosse stato usato dai pirati saraceni (clandestini pure loro).
Ma il fatto che la candela fosse ancora accesa, non lascia margine a dubbi. Addirittura s’è ipotizzato che il colpevole della tremenda violazione abbia mancato di poco il rendez-vous con le autorità. O che alcuni complici lo avessero avvertito della retata. Insomma, per quache ora, s’è creduto che da qualche parte ci fosse una banda del buco intenta a occupare i casolari inutilizzati di Area 24 prima che, come da progetto, diventino bar, depandances, chioschetti.

Ma la gente non ci sta. Non riesce a credere che a due passi dalla pista ciclabile su cui la domenica transitano tranquillamente migliaia di famiglie, bimbi e sportivi, potesse dormire un individuo così, un clandestino. Magari forse un immigrato, di nazionalità sconosciuta, arabo, cinese, zingaro, addirittura qualcuno fuori-Schengen.
Uno che sicuramente passa le giornate a vendere accendini, rose, fazzoletti, falsi di D&G e quant’altro, o a chiedere l’elemosina, si sa.
Le cose si fanno ancor più gravi se poi si considera che il casolare in questione è sito in via Nino Bixio, a due passi dalle centralissime Piazza Colombo e via Matteotti. Data la sua posizione e l’affitto pagato da molti sanremesi per il proprio appartamento, quel giaciglio poteva considerarsi una suite 5 stelle, un residence d’oro, un monolocale di lusso.

I vigili, intervenuti prontamente, hanno fatto il loro mestiere. Registrato, fotografato e catalogato tutto, apposto i sigilli alla porta, al giaciglio, al kitekat.
Ma la cosa non passerà senza ripercussioni. Qualcuno è ancora sconvolto. Ora si attendono le reazioni della politica.
Proprio adesso, che tutti sono impegnati nello shopping pre-natalizio, non ci voleva.
Ci siamo improvvisamente accorti di una cosa comunissima ovunque: nella nostra bella provincia, ancora intatta, indenne, immune ad altre piaghe come il precariato, la prostituzione, il lavoro nero e l’evasione fiscale, c’è chi non ce la fa. Anche da noi esistono i poveri.

6 commenti

Archiviato in Cronache del Sol Ponente

Psico-drama in piazza Cassini

Ormai s’è capito. A Sanremo la mafia e la camorra ci sono, eccome. E’ per come reagiscono un po’ tutti: c’è chi nonostante il proprio consiglio comunale verrà probabilmente sciolto dai carabinieri, definisce le infiltrazioni mafiose solo “articoli di gionale”. C’è chi parla apertamente di voti di scambio accertati nei comuni vicini però dice che la propria amministrazione è pulita, chi si riempie la bocca di belle parole “Stato” “onestà”, “legalità”. E’ come essersi svegliati da un brutto sogno, e in Riviera abbiamo dormito a lungo.

C’erano proprio tutti, ieri alla fiaccolata della legalità a Sanremo. Anche quelli che non c’erano, perchè partecipare o no era diventato per molti un po’ un dilemma morettiano: “Ma mi si nota di più se vengo e mi metto in disparte, o se non vengo per nulla?”. Presa la decisione (e qualcuno anche striscioni e bandiere di partito), ognuno non ha mancato di dare una risposta, politico o no che fosse, presente, in disparte o assente.

Più di tutti però, ha fatto il sindaco di Sanremo, Maurizio Zoccarato. Perennemente occupato a recitare lo spettacolo d’arte varia di uno innamorato di sè, all’inizio era indeciso se stare in disparte e farsi notare, infatti ha bacchettato il suo collega di Bordighera inquisito dai carabinieri ma presente per pulirsi almeno la coscienza. Poi ha deciso di partecipare e s’è preso una fiaccoletta dietro al presidente della regione Burlando.  Ma si sa, lui non è tipo da stare nelle retrovie, così infine visto che giocava in casa, ha scelto la soluzione migliore: lo psico-drama personale.

Preso il microfono in piazza Cassini, il nostro si trasforma, dà il meglio di sè. S’aspettava la contestazione, del resto un uomo politico deve rendere sempre conto del suo operato davanti ai suoi cittadini. Ma tra le sue abilità c’è anche quella di come incassare i colpi di chi non è d’accordo con quello che dice e “obbedire alle direttive del partito”. Questa è un po’ la cifra di un personaggio pubblico. Invece, colpito al cuore da un “Vai a casa”, che ci poteva anche stare da un contestatore in un momento di silenzio, s’è lasciato andare, ha mollato gli ormeggi. Prima ha chiamato il contestatore a singolar tenzone con un “Vieni qui” che sapeva davvero di camorristico. Poi ha confessato di aver deciso di disobbedire agli ordini del suo partito (nemmeno fosse “cosa nostra”), e se n’è andato piccato, scocciato perchè questa non era la sua manifestazione. E dice in faccia al presidente della regione una cosa che, si capisce, aveva sullo stomaco da tutta la serata: la manifestazione non s’era da fare a Sanremo, ma a Genova, perchè noi non compriamo dai fruttivendoli ma dai supermercati (allusione al recente arresto di Domenico Gangemi, camorrista genovese di mestiere verduraio). Perchè Sanremo è una città turistica e parlare di queste cose farebbe male a tutti.

Ora abbiamo capito: parlare di mafia e camorra a Sanremo non si può per il solito vecchio motivo, il turismo. E’ un po’ la scusa delle scuse, il grande corner i cui si salvano i politici nostrani negli ultimi anni. Con la scusa del turismo a Sanremo si salvano sempre. Fare  una cosa non si può perchè ne patirebbe il turismo. Farne un’altra nemmeno nemmeno, addio stagione. Adesso anche la mafia a Sanremo non c’è quando arrivano loro, i preziosi turisti che ci portano ogni bene come i Magi. Farebbe più danni dire ora “‘ndrina”, “cosca”, “‘ndrangheta” in Piazza COlombo che un’altra condotta fognaria che si sfonda in corso Imperatrice.
Il turismo sarebbe la panacea di tutti i nostri mali, anche della camorra.
Già lo vediamo: oggi, dopo la Fiaccolata di ieri sera, l’osservatorio di Portosole annuncia nuvole in arrivo. Alcuni turisti sono fuggiti durante i saldi in via Matteotti perchè hanno sentito odore di mafia.

Dopo il suo psico-drama il sindaco avrà meno problemi. S’è tolto un gran peso dalla coscienza. Ai cittadini resta invece una città una provincia con poche alternative. O accontentarsi di 340 giorni di sole all’anno, o assistere impotente a incendi dolosi e infiltrazioni malavitose.
Sanremo deve decidere ormai: se preferisce la qualità del tempo o dei suoi amministratori.

2 commenti

Archiviato in Cose Nostre

Spegnamo le cosche

Spegnamo le cosche,  fiaccolata a Sanremo.
Attentati incendiari, rapporti sempre più stretti tra politica e malavita organizzata, discariche abusive che continuano ad operare nonostante palesi violazioni della legge. Aggressione sospetta dell’edilizia sul territorio.
Sembra la cronaca di un’area lontana e irrimediabilmente compromessa, un ipotetico lontano “sud” dove le cose si sa, vanno così e lo stato, debole, si limita a contenere i danni. Invece è ciò che leggiamo tutti i giorni sui giornali. Locali e non, visto che la cosa sta assumendo dimensioni nazionali. Il Ponente ligure si trova di fronte a un momento delicato della sua storia: o si cede al brigantaggio legalizzato, alla legge del più forte e del più furbo, ai soprusi di chi può su chi non può, oppure è ora di risollevarsi in qualche modo, di tirarsi su, di riscoprire l’onestà dei suoi abitanti.

Qualcuno lo fa, qualcosa si muove. Finalmente. Giovedì sera a Sanremo, con partenza da piazza Colombo, ci sarà la Fiaccolata delle legalità. Organizzata da Libera Liguria, con la partecipazione di Anpi, Arci Legambiente e molte altre sigle riunite contro le mafie, ma anche semplici cittadini che sono stanchi del clima creatosi da Diano Marina a Ventimiglia. E’ la prima vera reazione della società civile alla situazione in corso che qualcuno aspettava da tempo, almeno fino dalla proposta dei carabinieri di sciogliere il consiglio comunale di Bordighera per le infiltrazioni della camorra. Almeno da quando s’è scoperto che alcuni politici sono stati appoggiati nella loro campagna elettorale da esponenti di cosche o ‘ndrine: meglio abituarsi a questa parola, è entrata d’ufficio nel dialetto ligure.

E’ una protesta contro un modo di fare, chi sfrutta i sotterranei delle istituzioni per ottenere favori a danno di tutti, chi mantiene il potere accordandosi direttamente coi politici, senza partecipare alle strutture della democrazia ma minandole dall’interno. Ma anche contro una mentalità diffusa, anche contro chi tutto questo sa e non dice nulla, chi trae più vantaggi dal silenzio. Continuando, di fatto, a manterere lo stato di cose. Perchè lottare contro le mafie non vuol dire soltanto fare il conto, la statistica, degli arresti e dei sequestri: bisogna cambiare il sostrato che favorisce la loco comparsa, come per una vera e propria epidemia della società.

E la protesta può avvenire in vari modi, con una fiaccolata, con la satira, con lo sberleffo: come i giovani della Talpa e l’orologio che con Legambiente organizzeranno per giovedì il “Funerale del territorio”. Dopo la cementificazione, l’inquinamento, le discariche abusive (come il caso di Rocca Croaire a Castellaro), anche il territorio della Riviera è morto, tuttalpiù moribondo. Ne danno il triste annuncio i giovani, quelli a cui esso verrà lasciato in eredità, condannati a vivere tra scempi in terra e in mare, costretti ad andarsene per l’assenza di posti di lavoro, appena solleticati da progetti megniloquenti di porticciuoli, campi da golf e resort, fraintendimento di uno sviluppo senza progresso.
La provocazione è da sempre un modo per risvegliare le coscenze sopite da anni di compromessi e troppi bocconi amari ingoiati.
Da cittadini, non possiamo limitarci ad andare a fare la spesa e guardare attorno a noi il territorio che muore.

9 commenti

Archiviato in Contromano