Compagnia dei Maddalenanti: 300 anni e non sentirli

Sembra esistere da sempre. Invece, la compagnia di Santa Maria Maddalena del Bosco ha “solo” 300 anni.
Il il 12 luglio 1716 veniva infatti fondata con un atto del notaio Giò Valentino Anfossi.
Abbiamo provato a raccontare che cos’è la Maddalena oggi, partendo, ovviamente da chi la compone. Non si può parlare della Madaena senza parlare dei Maddalenanti. Dentro ognuno di loro c’è un misto di devozione e superstizione, di edonismo e senso del dovere, di goliardia ed austerità. Sono mattacchioni e servitori devoti, gioviali burloni e paladini delle regole, vogliono cambiare il presente e conservare il passato. Il loro tratto distintivo è mantenere entrambi questi aspetti senza farsi contagiare completamente dall’una o dall’altra inclinazione, sono entrambe le facce della stessa medaglia.

Altra caratteristica dei Maddalenanti è un particolare sentimento del tempo. Per un Maddalenante, esiste un solo tempo, quello della Madaena, che si avvita su sé stesso e s’intreccia a suo modo con la storia: sono molti i Maddalenanti a contare gli anni per Madaene, a considerare il loro Capodanno non a dicembre ma a luglio, a ricordare gli eventi in base ai contestabilati. Da lì, il detto: “ne ha fatte di Madaene”. E’ curioso, nei loro discorsi, sentir raccontare fatti accaduti trent’anni prima come se fossero appena accaduti e non è strano sentirli nominare compagni scomparsi da anni come se fossero ancora in vita. Ogni fine luglio, l’Eremo nel bosco si popola di decine, centinaia di persone. Ma ancor più sono i partecipanti alla festa che arrivano dal passato, suscitati dalla memoria. E’ così che i Maddalentanti fanno rivivere i loro morti, rispettando l’eccezionale convivenza che vita e morte hanno in questa festa.

I Maddalenanti di ieri sono gli antenati: vanno riportati in vita con un mazzo di lavanda, al suono di una filastrocca euforica.
I Maddalenanti di oggi sono i loro eredi: a loro spetta il piacere e il dovere di tramandare la festa, ha l’onore di goderne e l’onere di prepararla, curarla, rispettarla.

Le interviste che seguono non sono che un piccolo campione, senza alcuna volontà di esclusione e hanno il solo scopo di rendere un immagine della comunità in un momento importante della sua storia. Come se il tempo, dopo 300 anni, si fermasse un attimo e potessimo vederci tutti assieme, e riconoscerci.

 

Giovanna Revelli, classe 1931.

Giovanna Revelli è tra le più anziane contestabilesse. Il suo contestabilato risale, infatti, al 1950, quando, appena finita una devastante guerra mondiale e civile, si cercavano soluzioni per ricostruire il paese. Taggia poteva contare sulle sue antiche tradizioni popolari per ritrovarsi. La Madaena con il suo spirito di aggregazione, il senso di comunità e di bene collettivo, funse da collante tra le persone e contribuì alla ricostruzione di un clima di pace. E’ in quel momento, che, a 19 anni appena, Giovanna si trova a fare la Contestabilessa.

Giovanna, perché hai fatto la Contestabilessa? Come è andata?

Mio padre Giacomo, era uno storico maddalenante. Amava tantissimo questa festa ed era anche uno dei due configuranti. Fu lui che me lo chiese e capii che gli avrebbe fatto molto piacere. Io, ovviamente risposi di sì, a patto di fare tutto ciò che una Contestabilessa deve fare. All’epoca la Contestabilessa doveva fare un regalo: io regalai alla Compagnia degli inginocchiatoi per l’Eremo, su cui venne scritto il mio nome. L’anno dopo regalai anche due cuscini, mentre Vally Palladini, la vice contestabilessa regalò dei seggiolini. Mio padre era felicissimo. Quell’anno addirittura mia madre, che non è mai stata portata per questa festa, mi accompagnò fino all’Arbaeu e da lì noi raggiungemmo l’Eremo. Papà, che era già salito la sera prima, mi venne incontro all’Entrà per accogliermi. Arrivati all’Eremo incontrammo tre personaggi: il padre di Cristò, il Pin de Venanziu e qualcuno uno con una coperta addosso che ci fecero baciare la padella, un rito ben diverso da quello religioso, infatti il Parroco arrivava poco dopo per la Messa. Quando sono stata Contestabilessa c’erano addirittura due frati, uno Cappuccino e un Domenicano. Allora la festa era molto più contenuta di adesso. Prima di darci da bere e la cioccolata entrammo in Chiesa. Mi accorsi che mio padre stava piangendo. Piangeva di felicità, pianse tutta la festa, dall’inizio alla fine. Sempre prima della Messa ci accompagnarono dal Bauzu da Lena, a vedere dove la Maddalena stava in penitenza. Al pranzo, la Contestabilessa offriva la frutta e il dolce. Poi c’era il Ballo e dopo tutti scendevamo a piedi in paese dall’Oxentina. Si faceva il Ballo in paese e si andava a casa. Il giorno dopo la Madaenetta si faceva in casa: con la Naida la Contestabilessa dell’anno prima, andammo tutti in Piazza Grande da Varese, Piè u Mè, che faceva il Ballo della Morte con mio padre e che quell’anno fece il Contestabile. Sulla targhetta sarebbero rimaste le stesse iniziali, “R.G.”, di mio padre e di mio nonno, Revelli Giovanni.

Com’era avere un papà che faceva il Ballo della Morte?

Mio padre era una persona timida, riservata. Non era certo il tipo da mettersi in mostra. Ma quando arrivava la Madaena si trasformava e diventava il protagonista della festa e tutti lo amavano per questo. Anche i suoi colleghi, che lo conoscevano bene, venivano a vederlo fare il Ballo e non potevano crederci. Quando stava male, prima di morire, tutti i Maddalenanti vennero a trovarlo. E quando morì, furono i Maddalenanti a portarlo, a spalla, fino al cimitero da dove abitavamo, in Castelu, nella parte alta del paese. Lo ricordano ancora in tanti, tutti gli anni un rametto di lavanda compare sulla sua tomba. Mi hanno chiesto il mio cappello da Contestabilessa: ma non ce l’ho. Non l’ho perso. L’ho messo a mio padre quando è morto.

Cosa provi davanti al Ballo della Morte?

Nel ’31, quando sono nata, mio padre faceva già il Configurante da tempo. La prima volta che glielo vidi fare, in piazza Cavour, davanti alla chiesa di San Sebastiano, ero bambina e mi spaventati tantissimo. Gli corsi incontro gridando: “Il mio papà è morto! Il mio papà è morto!”. Dovettero interrompere la danza e aspettare che mi calmassi. Anche mia figlia Mariangela ebbe la stessa reazione, su all’Eremo, credendo che suo nonno fosse morto e lui dovette farle un cenno con la mano.

Mio padre era molto portato per la Madaena. Quando era ricoverato a Genova, era luglio e stava molto male: decidemmo di non dirgli nulla per non agitarlo. Ma lui, ad un certo punto, mi chiese di andare a telefonare a casa. Così, per farlo contento andai, e telefonai a mia cognata Giuanina: mi disse che, proprio in quel momento, mio marito e mia figlia stavano piangendo. Capii il perché quando tese la cornetta per farmi ascoltare: c’era il Ballo della Morte in piazza, sentivo la musica. Tornai su e lo dissi a mio padre: aveva partecipato al suo ultimo Ballo della Morte, morì il 19 ottobre del 1969. Oggi, a guardare il Ballo, non vedo chi lo fa: io vedo solo mio padre e Piè u Mè.

E’ molto tempo che non vai su, all’Eremo?

Sì, molti anni, dal 2000. E mi manca molto. L’ultima volta sono andata alla Festa degli Anziani. Erano troppi i ricordi e per salvarmi andai subito in chiesa. Ma arrivò la Rinetta della Sö Nanò e mi chiese di aiutarla ad asciugare i cucchiai, poi arrivò Niculin da Villetta a dirmi che a breve avrebbero fatto il Ballo della Morte, e voleva che lo guardassi per sapere se lo facevano bene. Vedevo mio padre ovunque. Lui aveva fatto il Ballo prima e dopo la guerra. Anche andare a messa a Santa Lucia, mi manca, ma purtroppo ho dei problemi a camminare e non riesco mai ad andare.
Quest’anno ci hanno invitati, spero di star bene e riuscire ad andare. Renato Oddo ha promesso di portarmi su in macchina fin sulla chiesa, ma lui avrà tanto da fare in quel momento, troverò qualcuno lo stesso che mi porterà su.

5 commenti

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5 risposte a “Compagnia dei Maddalenanti: 300 anni e non sentirli

  1. michela

    che bella intervista! mi ha stretto il cuore.

  2. Anfossi Anna

    Giacomo ,che emozionante l intervista che hai scritto ,gli occhi si riempiono di lacrime per l emozione .certo è che Min è stato un mito per i maddalenanti . bravo.

  3. mariangela

    Ho pianto !!!! Bella novità dirai tu !! Bravo è emozionamte sei riuscito a far trasparire la vera Madaena…..

  4. Pingback: Lena per bella Lena | Baroni Rampanti

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